Normativa Contratti Locazioni

Il Contenuto del contratto di locazione.

Il contenuto dei contratti di locazione può variare in ragione della tipologia contrattuale specifica che le parti, di comune accordo, intendono porre in essere e delle clausole che le stesse inseriscono nell’ambito della loro autonomia negoziale (salvo, ovviamente, la nullità di eventuali patti contra legem).
Tuttavia, pur nella diversità degli schemi contrattuali (predefiniti o liberamente predisposti dalle parti) e indipendentemente dalla tipologia degli stessi, possono individuarsi alcuni elementi tipici cui il locatore e il conduttore devono attenersi nella redazione di un contratto di locazione, ovvero: la data di stipula; l’indicazione dettagliata delle generalità delle parti; l’identificazione del bene; il prezzo del canone di locazione e, infine, la durata della locazione.

La Registrazione

Entro 30 giorni dalla data di decorrenza del contratto le parti hanno l’obbligo di registrare il contratto ad eccezione di quelli che hanno una durata inferiore a 30 giorni durante l’intero anno.

La data di stipula

Per data di stipula si intende quella della firma del contratto, a partire dalla quale inizia ufficialmente il decorso dello stesso, come pattuito e fissato dalle parti. Ove coincidente con la data di decorrenza (la quale può essere anteriore a quella della stipula), da questo momento parte anche il termine, concesso alle parti, per la registrazione del contratto che, laddove prevista, deve essere effettuata entro trenta giorni (dalla data della stipula o, se questa è posteriore, da quella di decorrenza).
La legge prevede che tutti i contratti di locazione siano obbligatoriamente registrati dal locatore o dal conduttore, versando le imposte dovute (in base al regime, ordinario o sostitutivo, prescelto), qualunque sia l’ammontare del canone pattuito e la durata, salvo che la stessa non superi i trenta giorni complessivi nell’anno.

L’indicazioni delle parti

Elemento necessario del contratto di locazione è, inoltre, l’indicazione dettagliata delle generalità delle parti, ovvero dei soggetti che lo stipulano: il locatore e il conduttore.
I dati occorrenti per entrambe le parti sono: nome e cognome o ragione sociale se si tratta di un’azienda, data e luogo di nascita, indirizzo di residenza o sede sociale, codice fiscale o partita iva.

L’identificazione del bene

Un elemento che non può mancare nel contratto locativo è l’oggetto che, soprattutto nel caso di locazioni di immobili, deve riportare tutti i dati idonei alla sua identificazione.
Oltre all’indirizzo completo, con la precisazione di eventuale scala e piano, all’ubicazione nel comune di pertinenza, devono essere riportati anche i dati catastali dell’immobile (partita, sezione, categoria, zona censuaria, ecc.), i locali e i servizi di cui si compone, oltre alle eventuali pertinenze, e l’uso per cui viene ceduto in locazione (abitazione, ufficio, albergo, laboratorio, ecc.).

Il canone di locazione

Secondo l’art. 1571 c.c., il corrispettivo rappresenta la controprestazione del contratto, spettante al locatore per la cessione in locazione del bene al conduttore, elemento, dunque, essenziale, che laddove non determinato o non determinabile determina la nullità del contratto stesso.
Tale corrispettivo, detto “canone di locazione” consiste nella somma che il conduttore si obbliga a versare al locatore (o a un suo valido rappresentante) allo scadere del periodo concordato (di regola, il mese, il trimestre o il quadrimestre).
Nella disciplina codicistica, la determinazione del canone è affidata alla libera pattuizione delle parti, sebbene la legislazione vincolistica abbia notevolmente inciso nel tempo su tale autonomia contrattuale (con canoni concordati, sistemi di blocco o di congelamento; ecc. ).
Generalmente, il canone stabilito nel contratto può subire, nel corso della durata della locazione variazioni e aggiornamenti sulla base degli indici medi accertati dall’Istat.
Di regola, nello schema contrattuale, inoltre, le parti hanno cura di specificare le voci di cui si compone il corrispettivo dovuto. A tal proposito, è bene distinguere tra: corrispettivo annuo, spese annue e rata pattuita.
Per “corrispettivo annuo” è da intendersi il prezzo concordato per la locazione dell’immobile, escluse le spese.
Le “spese annue”, d’altro canto, comprendono tutte le somme dovute per gli oneri accessori connessi, essenzialmente, alle spese per le utenze (acqua, spazzatura, ecc.) e a quelle condominiali (compenso del portiere, manutenzione dell’ascensore, riscaldamento, ecc.), o ad altre voci eventualmente specificate, in genere ripartite addebitando al conduttore gli oneri relativi all’ordinaria amministrazione e alla fornitura di servizi comuni, prevedendo, invece, a carico del locatore quelli relativi alle opere di straordinaria manutenzione.
La “rata pattuita”, infine, è la cifra da pagare ad ogni scadenza specificata nel contratto ed è il risultato della somma delle due voci precedenti (corrispettivo annuo e spese annue) suddiviso per il numero delle rate annue previste (dodici se il pagamento è mensile, quattro se è quadrimestrale, e così via).

La durata

La determinazione della durata è requisito essenziale del contratto locatizio.
Il codice civile stabilisce il limite massimo alla locazione che, secondo l’art. 1573 c.c., non può superare i trent’anni, non prescrivendo, tuttavia alcuna durata minima, lasciando alle parti ogni determinazione al riguardo, e rimandando, qualora le stesse non stabiliscano alcun termine, alle locazioni senza determinazioni di tempo previste dall’art. 1574 c.c.
La durata del contratto è normalmente stabilita dalle diverse leggi speciali emanate in materia che si occupano di definire i termini di decorrenza (ad es. 4 anni per i contratti ad uso abitativo, ex l. n. 431/98; 6 anni per i contratti ad “uso diverso” e 9 anni per uso alberghiero ex l. n. 392/78, ecc.), quelli previsti per il rinnovo (ad es. 4+4 per i contratti ad uso abitativo) e le condizioni per esercitare, nei tempi e nelle modalità previste dalla legge, la disdetta del contratto.

Altri elementi del contratto

Tra gli elementi di regola inseriti nel contratto locativo rilevano, inoltre: – l’importo della c.d. “caparra” (o deposito cauzionale), ovvero quella somma che il conduttore consegna al locatore (in genere corrispondente a due o tre mensilità del canone) al momento della stipula del contratto a titolo di garanzia del rispetto delle obbligazioni in esso presenti e che dovrà essergli restituita, al termine del rapporto di locazione (salvo la possibilità per il locatore di trattenerla in caso di eventuali danni all’immobile o mancati pagamenti); – la clausola contenente la previsione dell’esercizio, da parte del locatore, dell’opzione per la c.d. “cedolare secca”, ex art. 3, comma 11, d.lgs. n. 23/2011 che sostituisce la preventiva comunicazione tramite lettera raccomandata al conduttore, per informarlo della scelta del regime facoltativo e contenente espressa rinuncia ad esercitare la facoltà di chiedere l’aggiornamento Istat del canone a qualsiasi titolo.

Varie tipologie di contratto:

Contratto canone libero
Partiamo dal contratto a canone libero, ovverosia quello disciplinato dalla legge numero 431/1998 e il cui canone può, appunto, essere determinato liberamente dalle parti.
La caratteristica di tale tipologia di contratto di locazione, che è la più diffusa nella prassi, è quella di avere una durata legislativamente stabilita in quattro anni, prorogabili per altri quattro salvo che intervenga disdetta. Quest’ultima può essere esercitata dal locatore solo laddove ricorrano i motivi espressamente individuati dalla legge e, per tale ragione, si parla nel linguaggio comune anche di contratto quattro + quattro.
Al di là dei limiti previsti per la durata, le parti hanno la massima libertà di determinare tutti gli elementi accessori del contratto (come ad esempio l’adeguamento Istat del canone).

Contratto convenzionato
C’è poi il contratto convenzionato, anch’esso disciplinato dalla legge numero 431/1998, per il quale si prevede solo una durata minima, che è quella triennale con rinnovo automatico biennale alla scadenza se le parti non si accordano sul rinnovo triennale e purché non intervenga disdetta. Sebbene quindi la loro durata sia variabile e non fissa come per la tipologia analizzata sopra, a questi contratti ci si riferisce normalmente con la dicitura contratti tre + due.
La durata più breve rispetto a quella dei contratti quattro + quattro è tuttavia controbilanciata dalla previsione di un canone calmierato, fissato in genere da una tabella concordata nei diversi Comuni tra le organizzazioni dei proprietari e le organizzazioni degli inquilini.
Fiscalmente, sono avvantaggiati dall’essere gravati da minori imposte e, in alcuni casi, da sconti fiscali.

Contratto transitorio
Un’ulteriore tipologia diffusa di contratti di locazione è rappresentata dal contratto transitorio, ovverosia quello di immobili ad uso abitativo di durata inferiore ai quattro anni e stipulabile alle condizioni di cui al decreto interministeriale del 16 gennaio 2017.
La sua durata, in particolare, può estendersi sino a 18 mesi e deve essere giustificata da un’esigenza transitoria specifica e documentata in contratto, riconducibile sia al conduttore che al locatore.

Contratto studenti universitari
La durata limitata nel tempo riguarda anche i contratti di locazione stipulati con studenti universitari, che possono estendersi per un arco temporale compreso tra sei mesi e tre anni. Alla scadenza, vi è rinnovo automatico per pari durata rispetto a quella originaria, salvo disdetta del conduttore.

Contratto uso turistico
Resta infine da citare il contratto di locazione di immobili per uso turistico, che è escluso dal campo di applicazione della legge numero 431/1998 e, per tale ragione, è assoggettato esclusivamente alla normativa di cui al codice civile (artt. 1571 e ss.). Per tale ragione, esso si caratterizza per un’ampia libertà delle parti di contrattare secondo le loro personali esigenze.